Reggio Emilia: tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, boss torna in carcere



Aveva terminato di scontare da venti giorni la pena della reclusione di anni 12 per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, ricettazione ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, comminata all’esito del processo AEMILIA, ma per A.G., esponente di vertice della ‘Ndrangheta Emiliana, si sono nuovamente aperte le porte del carcere.

Ieri sera gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia, al termine di un’intensa attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia, lo hanno condotto in carcere in esecuzione del provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dall’Autorità Giudiziaria, in quanto ritenuto gravemente indiziato per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Dal complesso delle acquisizioni investigative è emerso infatti un quadro di gravità indiziaria tale da indurre la Procura reggiana, in pieno coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, ad adottare, d’urgenza, il provvedimento restrittivo. Il sessantatreenne, nonostante i gravi problemi di salute in virtù dei quali aveva espiato parte della pena in regime di detenzione domiciliare, dopo aver riacquistato la libertà nei primi giorni di novembre si era messo all’opera per riscuotere un credito di circa 190.000 euro vantato da un familiare nei confronti di un agente immobiliare.

A.G., infatti, nelle ultime settimane, avrebbe agito con il tipico metodo intimidatorio e minaccioso degli ‘ndranghetisti per costringere il debitore ad assolvere al pagamento, formulando minacce di morte rivolte anche ai familiari della parte offesa. Dal suo arresto risalente all’operazione Aemilia, l’uomo non si è mai dissociato dalla ‘ndrangheta e non appena riacquisita la libertà avrebbe continuato ad agire assoggettando ed incutendo timore in virtù della sua caratura criminale.

A.G. è stato uno dei vertici della cosca di ‘Ndrangheta emiliana incaricato a coordinare e ad organizzare i principali affari illeciti e le principali operazioni finanziarie, dove venivano riversati i proventi illeciti della consorteria, dalla “vocazione spiccatamente imprenditoriale. Era il soggetto preposto a tenere rapporti con la cosca GRANDE ARACRI di Cutro, storicamente legata a quella emiliana.

Dovrà rispondere del reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e nelle prossime ore verrà condotto dinanzi al Giudice per le indagini preliminari per l’udienza di convalida.