Controlli del NAS di Bologna nel settore del caffè



Nel mese di aprile, il N.A.S. di Bologna, nell’ambito delle numerose campagne di controllo in atto, ha effettuato una serie di attività ispettive mirate alla verifica della corretta gestione della filiera produttiva del caffè, in considerazione dell’importanza che anche tale alimento riveste nella cultura del nostro Paese.

Le ispezioni si sono concentrate sugli stabilimenti delle aziende presenti nelle 5 provincie di competenza (Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini), evidenziando diffuse irregolarità soprattutto per quanto riguarda la presenza di micotossine nocive per l’uomo ed il riconfezionamento e la reimmissione in commercio di caffè con scadenza superata anche da diverso tempo.

Complessivamente sono stati eseguiti 22 controlli, ravvisando criticità in 11 occasioni, specialmente presso le aziende ricadenti nelle provincie di Bologna e di Forlì-Cesena.

In particolare, nel corso dell’ispezione presso uno stabilimento del bolognese, si è riscontrata l’avvenuta tostatura, nonché il confezionamento e il conseguente parziale trasferimento presso una piattaforma logistico-distributiva, di circa 20.000 kg di caffè sfuso o confezionato in diversi formati (in grani, macinato, capsule per macchine espresso automatiche, ecc.) nei quali erano stati miscelati circa 2.400 kg di caffè proveniente dall’Etiopia, che da analisi di laboratorio eseguite in autocontrollo, sono risultati contaminati da “Ocratossina A. Al momento del controllo il prodotto potenzialmente contaminato non era ancora stato commercializzato. Tutto il prodotto veniva sottoposto a sequestro e bloccato prima della sua distribuzione.

Sempre in provincia di Bologna, in una azienda di torrefazione venivano sottoposti a sequestro oltre 9.200 kg di caffè aventi data di scadenza superata anche da diversi anni, parzialmente nascosti da alte pile di cartoni e stoccati nei pressi di una tramoggia aperta sulla linea di confezionamento di caffè macinato. Venivano inoltre rinvenuti e sottoposti a sequestro anche 800 kg di caffè confezionato con involucri nei quali erano indicate come ditte produttrici, nomi di aziende cessate di attività ormai da anni. Inoltre, su richiesta dei militari operanti, l’attività presso lo stabilimento veniva sospesa dalla competente AUSL, in quanto la struttura versava in condizioni igienico-sanitarie e strutturali carenti, con sporcizia diffusa ovunque, pavimenti in calcestruzzo non lavabili e deteriorati, distacchi di intonaci dalle pareti macchiate da infiltrazioni d’acqua e pioggia letteralmente cadente dal tetto danneggiato e mai ripristinato.

Ancora nella provincia di Bologna, presso un’altra azienda del settore venivano rinvenuti e sequestrati oltre 3.000 kg di caffè con scadenza superata da anni, rientrati dalla grande distribuzione. In tale circostanza, si è potuto appurare come tutte le suddette diverse tipologie di caffè, dal decaffeinato all’arabica più pregiata, venissero estratte dalle loro vecchie confezioni e sversate indistintamente nei medesimi silos per diventare poi parte integrante, con percentuali anche superiori al 50%, di nuovo prodotto confezionato come caffè convenzionale. Nella medesima circostanza si è potuta ravvisare inoltre la presenza di bidoni contenenti rifiuti alimentari e residui di cibo andato a male, all’interno del delicatissimo locale di tostatura, considerato off-limits per i non addetti e nel quale è assolutamente vietato mangiare e bere.

Nell’area di Imola, nelle pertinenze di una quarta azienda produttrice di caffè, veniva rinvenuto lo stoccaggio di diverse tonnellate di caffè e altri prodotti alimentari (zucchero, caffè d’orzo, cacao, ecc.) all’interno di un grande immobile (acquisito da una dismessa adiacente azienda e in uso da circa 10 anni). Tale deposito, oltre a versare in critiche condizioni igienico-sanitarie e strutturali, veniva utilizzato anche come disordinato rimessaggio di materiali e generi non pertinenti all’esercizio: infatti al suo interno venivano rinvenuti mobili, divani, alambicchi da distillazione, laterizi, legnami, macchinari dismessi e persino una barca della lunghezza di circa 5 metri. Per tali motivi, a seguito di richiesta del personale operante, lo stesso magazzino veniva sospeso ed interdetto all’utilizzo dalla competente AUSL.

Nel forlivese è stata sospesa l’attività di un’altra industria del settore, in quanto al suo interno venivano ravvisate modalità gestionali e operative, ormai superate da decenni, non confacenti all’attuale normativa, specialmente avuto riguardo alla tenuta della rintracciabilità e della tracciabilità delle materie prime e del prodotto finito. Veniva inoltre riscontrata una evidente infestazione da lucertole e roditori per la quale il personale aziendale aveva ritenuto di distribuire a terra – in più punti della torrefazione e a ridosso del caffè da lavorare o già lavorato – dei cartoni cosparsi di mastice piuttosto che delle spennellate di colla direttamente sul pavimento, oltre a mucchietti di granaglie avvelenate, in totale inosservanza delle disposizioni di legge in materia di lotta agli infestanti e senza considerare il potenziale rischio di contaminazione dei prodotti alimentari a causa di animali già avvelenati ed agonizzanti che potenzialmente avrebbero potuto circolare nello stabilimento prima di morire.

Nel complesso, le attività condotte dal Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Bologna hanno consentito di sospendere attività per un valore di circa 11.000.000 euro, di sequestrare oltre 35.000 kg di caffè (del valore di circa 820.000 euro) ed elevare sanzioni amministrative per un totale di 28.000 euro.