Confrontare due tipi di trattamento endoscopico per i pazienti con ulcere gastro-duodenali sanguinanti, per arrivare a stabilirne sicurezza ed efficacia. È l’obiettivo del progetto di ricerca valso all’Unità operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale Ramazzini di Carpi un prestigioso riconoscimento internazionale, riservato a studi presentati da ricercatori under 35.
Condotto dalla giovane dirigente medico Paola Soriani su ideazione del Direttore dell’U.O., Mauro Manno, il progetto è stato selezionato dalla Società Europea di Endoscopia Digestiva (ESGE), che ha assegnato alla ricerca carpigiana una borsa di studio da 10.000 euro. È la prima volta che viene riconosciuta a uno studio clinico italiano, che, insieme ad uno inglese, è stato selezionato tra centinaia di progetti presentati.
Essendo una ricerca spontanea, non sponsorizzata da aziende private ma avviata grazie ai fondi per la ricerca dell’Azienda USL di Modena erogati all’Unità operativa diretta dal dottor Manno, grazie a questo nuovo contributo economico lo studio potrà contare su risorse aggiuntive.
Le ulcere gastrointestinali, se non trattate efficacemente, possono avere complicanze anche molto serie, come perforazioni o sanguinamenti: ogni anno al Ramazzini vengono trattate in urgenza circa 100 ulcere sanguinanti.
“Lo studio clinico, randomizzato, multicentrico e controllato – spiegano la dottoressa Soriani e il dottor Manno –, compara due tecniche di emostasi endoscopica, entrambe in uso per il trattamento in urgenza dei pazienti con ulcere gastrointestinali sanguinanti. Si tratta in sostanza di due dispositivi che vengono utilizzati comunemente per questo tipo di intervento. L’obiettivo di questa ricerca è di metterli a confronto in termini di sicurezza ed efficacia: non esiste, infatti, ad oggi, uno studio simile; il riconoscimento che abbiamo ottenuto è molto gratificante perché un premio prestigioso è stato riservato ad una ricerca condotta all’interno di un’Azienda sanitaria territoriale e non universitaria”.
L’arruolamento dei 160 pazienti necessari è in corso presso l’Ospedale di Carpi (promotore e coordinatore della ricerca) e in altri quattro centri: i primi risultati sono attesi tra due anni.