Individuate le possibili relazioni dei fattori meteorologici con diffusione e gravità del COVID-19

I risultati di un innovativo studio Unimore



Individuate le possibili relazioni dei fattori meteorologici con diffusione e gravità del COVID-19Uno studio particolarmente innovativo, quello condotto dai ricercatori dei Dipartimenti di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze e di Ingegneria Enzo Ferrari, che hanno pubblicato la prima analisi dose-risposta condotta sull’associazione tra fattori climatico-meteorologici e evoluzione del COVID-19 nella prima ondata e seconda ondata del 2020 sull’intero territorio italiano, tenendo conto dei fattori confondenti quali mobilità e caratteristiche demografiche dei diversi contesti provinciali.

Lo studio rappresenta un esempio di strettissima integrazione di dati meteorologici e epidemiologici, tesi a verificare se le modificazioni climatiche sono realmente in grado di influenzare, favorendo o antagonizzando, la diffusione di una infezione respiratoria quale quella dovuta al SARS-CoV-2 nonché l’effettiva gravità della patologia da esso indotta, il COVID-19. Più in generale, la ricerca testimonia le potenzialità e le prospettive di ricerca nel binomio salute-ambiente nel contesto Unimore e più in generale in ambito scientifico, una collaborazione di particolare importanza anche con riferimento alla problematica del cambiamento climatico.

Autori della ricerca, promossa e coordinata da Unimore, sono per l’Ateneo gli igienisti del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze (BMN) Prof. Marco Vinceti e Prof. Tommaso Filippini, docenti di Sanità Pubblica ed Epidemiologia presso la Facoltà di Medicina; la fisica modenese dott.ssa Erica Balboni primo autore dell’articolo, specializzanda in Fisica Sanitaria presso il Policlinico di Modena e assegnista di ricerca BMN, il Prof. Sergio Teggi, ordinario di Ingegneria Sanitaria-Ambientale presso il Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari di Modena e responsabile scientifico dell’Osservatorio Geofisico di Modena, e l’Ing. Sofia Costanzini dell’area sostenibilità della Direzione Tecnica Unimore. Il gruppo di ricerca ha incluso inoltre il Dott. Patrizio Pezzotti, Direttore del reparto di Epidemiologia, Modelli Matematici e Biostatistica dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma unitamente alla dott.ssa Stefania Bellino e al Presidente dell’Istituto stesso Prof. Silvio Brusaferro; il Prof. Kenneth Rothman, epidemiologo statunitense della Boston University; il Prof. Nicola Orsini, statistico italiano presso il Dipartimento di Global Health dell’Istituto Karolisnka di Stoccolma, e l’Ing. Fabrizio Ferrari, modellista della start-up milanese TerrAria.

Lo studio, dal titolo “The influence of meteorological factors on COVID-19 spread in Italy during the first and second wave” è stato appena pubblicato su “Environmental Research”, prestigiosa rivista nei settori della Sanità Pubblica e Medicina Ambientale. Gli autori hanno preso in esame l’andamento orario di temperature, umidità e radiazione ultravioletta nell’intero territorio nazionale nel 2020, comparandolo all’andamento delle infezioni, dei ricoveri e dei decessi per COVID-19 in ciascun giorno e provincia del territorio nazionale. I dati meteorologici sono stati ottenuti utilizzando i dati ‘ERA5’ (fifth generation ECMWF atmospheric reanalysis of the global climate del Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine – ECMWF, avente le proprie sedi a Bologna, Bonn e Reading in Gran Bretagna. Da questi dati, i ricercatori Unimore hanno estratto per questa indagine le stime meteorologiche orarie relative alle variabili di temperatura, umidità e radiazione UV, producendo medie giornaliere ‘pesate’ per la popolazione residente nelle diverse province italiane.

Mediante l’uso di un modello di analisi flessibile cosiddetto ‘non-lineare’, gli autori hanno quindi potuto evidenziare come l’umidità esterna non abbia avuto nessuna sostanziale influenza su diffusione e severità clinica del COVID-19 nel nostro Paese, mentre una radiazione UV eccedente i 40 kJ/m2 abbia evidenziato un’associazione inversa (‘inibitoria’) col COVID-19, specie nel corso della seconda ondata. I risultati più interessanti, tuttavia, sono emersi per quanto riguarda la temperatura all’aperto, la quale ha evidenziato una suggestiva capacità di ridurre la diffusione e la severità dell’epidemia sopra i 10 °C, e allo stesso tempo un’indicazione di analoga capacità inibitoria per temperature sensibilmente inferiori.

Tale andamento bifasico (cioè un effetto di contrasto alla diffusione dell’epidemia sia ad alte che a basse temperature), e l’indicazione relativa a effetti benefici di una elevata intensità dell’esposizione a raggi ultravioletti, suggeriscono come esista una ‘finestra climatica’ ottimale che può facilitare, a parità di altri fattori, la diffusione o al contrario la prevenzione dell’epidemia COVID-19 a prescindere dalle altre misure di prevenzione adottate (quali il lockdown o le vaccinazioni). Tali osservazioni comportano evidenti implicazioni di sanità pubblica anche nel caso di future, possibili epidemie da virus respiratori con caratteristiche analoghe di suscettibilità agli agenti esterni, inclusi quelli meteorologici. Più in generale, questi risultati suggeriscono la rilevanza dell’osservazione climatologica per ambiti quali la sanità pubblica e la tutela dell’ambiente, aspetti chiave del concetto più ampio di sviluppo sostenibile.

Al proposito, merita ricordare come Unimore detenga ormai da ben duecento anni osservazioni pressoché ininterrotte dei parametri meteorologici locali, tanto che il suo Osservatorio Geofisico è stato recentemente insignito quale “stazione di osservazione centenaria” dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale. La collaborazione tra climatologia e sanità pubblica Unimore ha contribuito a far sì che l’Ateneo ospiti, nella sua sede di Reggio Emilia, il 9 giugno 2023 il primo convegno nazionale su Cambiamento climatico e Sanità Pubblica, promosso in collaborazione con la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica.

Il Prof. Tommaso Filippini ha affermato in proposito: “I risultati di questo studio confermano come la relazione tra ambiente e salute sia di cruciale importanza, in particolar modo in un periodo storico in cui gli effetti dei cambiamenti climatici sono all’ordine del giorno delle agende italiana ed europea. Tale relazione non è nuova alla sanità pubblica che anche in altri ambiti riconosce i fattori di tipo ambientale quali determinanti per la salvaguardia della salute degli individui. In particolar modo, il riconoscimento del ruolo dei fattori climatici nella diffusione e severità del COVID-19 potrà essere di aiuto nella valutazione degli interventi in caso di analoghe malattie infettive.”

Il Prof. Sergio Teggi ha aggiunto: ““La condivisione della nostra esperienza in ingegneria sanitaria-ambientale, ed in particolare sulla meteorologia e climatologia maturata all’Osservatorio Geofisico di Modena, col gruppo di ricercatori dell’area della sanità pubblica è una realtà consolidata da molti anni e che ci ha visto uniti in molti progetti di ricerca. I risultati ottenuti in questo studio sono un’ulteriore dimostrazione dell’importanza dell’interdisciplinarità e della collaborazione per il mondo della ricerca e sono per noi motivo di grande gratificazione.””

Lo studio in questione è stato sostenuto dal Ministero della Università e della Ricerca mediante il finanziamento concesso alla proposta progettuale presentata dal Prof. Vinceti ai sensi dal bando nazionale ‘Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR) contro il COVID’, che ha inteso sostenere le “proposte progettuali di ricerca di particolare rilevanza strategica, finalizzate ad affrontare le problematiche relative alla diffusione del virus SARS-CoV-2 e della patologia COVID-19”.