Concluse le riprese di AEMILIA 240, la docufiction sul maxi-processo per infiltrazione della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna



240 imputati, 240 condannati per mafia nel maxiprocesso AEMILIA per il quale si è dovuta costruire un’aula apposita, anche con l’impegno finanziario della Regione per garantire che si potesse tenere in Emilia-Romagna.

Una docufiction con lo stesso nome del maxiprocesso, AEMILIA 240, narra dell’infiltrazione della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna e si rivela di grande attualità all’indomani delle condanne.

AEMILIA 240, una coproduzione Rai Fiction-Fidelio, prodotta da Silvio Maselli e Daniele Basilio, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna, attraverso Emilia-Romagna Film Commission, andrà in onda prossimamente sulla Rai, per la regia di Claudio Canepari e Giuseppe Ghinami, sceneggiatura di Canepari con Paolo Bonacini, giornalista attivo all’epoca dei fatti in TeleReggio, e la consulenza del giornalista d’inchiesta Giovanni Tizian.

Le riprese, supportate dal lavoro della Film Commission, sono state effettuate nei Comuni emiliano-romagnoli di Luzzara, Reggiolo, Brescello, Boretto, Guastalla, Suzzara, Gualtieri, Reggio Emilia, San Felice sul Panaro, Novellara Parma, Bologna, Fiorenzuola D’Arda, Castelvetro Piacentino, Monticelli d’Ongina.

Grazie al coraggio e alla visione di servitori dello Stato lungimiranti e coraggiosi, le indagini avevano portato già nel 2015 alla richiesta di oltre 200 arresti non solo di uomini di ‘ndrangheta, ma anche professionisti, amministratori, politici, dirigenti d’impresa, rappresentanti delle forze dell’ordine, molti nati e cresciuti in Emilia-Romagna.

Il maxiprocesso ha portato alla sbarra centinaia di imputati, e AEMILIA 240 è il racconto in forma di docufiction dell’esistenza sul territorio emiliano di una nuova forma di criminalità organizzata.

Attraverso le testimonianze degli investigatori e le “voci da dentro” della ‘ndrangheta (le intercettazioni audio e video fatte a carico degli imputati), le indagini iniziate nel 2010 e terminate nel 2014 certificano l’esistenza sul territorio emiliano di una mafia 2.0 che ha abbandonato i sequestri, il pizzo e il narcotraffico e che si presenta in giacca e cravatta, producendo fiumi di denaro a danno della comunità, inquinando l’economia legale e distorcendo le regole del mercato.