E’ stata inaugurata a Cersaie la prima mostra dedicata ai progetti del gruppo di giovani architetti coinvolti da Renzo Piano nel progetto G124. Allestita al Padiglione 18 su una superficie di 240 mq, la mostra G124 Renzo Piano: il rammendo delle periferie. Un viaggio tra le città italiane presenta una selezione dei progetti realizzati dal 2014 ad oggi con un focus su quelli del 2020, ora in via di completamento al Parco XXII Aprile di Modena, al Parco dei Salici di Padova e allo Zen di Palermo.
“Le motivazioni che hanno portato Cersaie ad ospitare la mostra – ha sottolineato in apertura il direttore generale di Confindustria Ceramica Armando Cafiero – risiedono sia nell’importanza che la ceramica possiede nella qualificazione delle periferie sia nel ruolo che essa ricopre nell’ambito della sostenibilità. Il filo conduttore risiede in un’idea di condivisione della direzione intrapresa dal Progetto G124 nel recupero delle periferie e nell’impegno profuso nella formazione dei giovani, in quanto sono coloro che rappresentano anche il futuro del settore ceramico”.
Matteo Agnoletto, docente del Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna e tutor del G124 Bologna, ha spiegato infatti come si tratti di un progetto nato nel momento in cui Renzo Piano è stato nominato senatore a vita, la cui scelta è stata quella di rendersi utile per il Paese investendo nelle periferie delle città italiane e credendo nei giovani.
Con la creazione nel 2014 di G124, Piano ha creato un gruppo di lavoro costituito da giovani architetti (tutti sotto i 35 anni e retribuiti con lo stipendio del Senatore) che, coordinati dai responsabili scientifici scelti tra docenti delle Università italiane, e aiutati da altre figure professionali (sociologi, antropologi, economisti, critici, urbanisti…) hanno il compito di produrre studi di rammendo su una periferia in un anno di lavoro. G124 è il codice che identifica la stanza di Palazzo Giustiniani al Senato assegnata all’architetto. Di anno in anno dal 2014 ad oggi sono stati così creati diversi gruppi di giovani che hanno sviluppato progettualità su città sparse su tutta la penisola.
La scelta della città di Modena porta i ringraziamenti di Andrea Bortolamasi, assessore con deleghe alla Cultura, Politiche Giovanili, Città universitaria presso il Comune di Modena, che sottolinea l’importanza del progetto per la rigenerazione urbana e sociale della città, oltre che per l’esigenza di ripartenza a seguito della pandemia.” Il termine ‘rammendo’ – aggiunge – risulta molto appropriato in quanto sottintende proprio quell’ordito di relazioni che il Covid ha minato e la necessità primaria di ripristinarlo, ridisegnarlo, nella prospettiva di riappropiarsi degli spazi pubblici”.
A Palazzo dei Congressi si è svolta a seguire, sui medesimi temi, la conferenza “La bellezza salverà il mondo e lo salverà una persona alla volta. Una persona alla volta, ma lo salverà. L’esperienza del G124 Renzo Piano ‘Il rammendo delle periferie’”, alla quale hanno partecipato Edoardo Narne, Docente Composizione Architettonica e Urbana presso l’Università di Padova, Stefano Mancuso, Docente e Direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale Università di Firenze e l’artista Edoardo Tresoldi, moderati da Matteo Agnoletto.
Edoardo Narne ha ripercorso la nascita del Progetto G124 e la sua implementazione nei sette anni successivi, illustrando i diversi progetti e il loro realizzarsi. “Dar concretezza a progetti piccoli ma reali”, questo è l’obiettivo di ogni anno e, come ha affermato Renzo Piano in una breve intervista che è stata mostrata: “Sono gocce, ma quando sono tante… E noi abbiamo l’intenzione di continuare, a vita”.
Narne ha inoltre spiegato come sia avvenuto il convolgimento nel Progetto G124 di Stefano Mancuso e di Edoardo Tresoldi: ragionando sul tema degli spazi aperti, della loro riforestazione, del dialogo aperto tra quartieri e bellezza artistica, arte e natura, Renzo Piano ha unito nella progettazione 2019-2020 periferie e verde in una reciproca contaminazione, toccando temi a loro cari.
L’intervento di Stefano Mancuso, incentrato sul “Problema più grande che l’umanità ha mai avuto nel corso della sua storia”, il Global Warming, spiega come negli ultimi 50 anni ci sia stato un “ribaltamento completo del modo in cui vivono le persone nelle città: oggi l’80% delle persone vivono in città e il 20% in aree rurali, comportando grandi squilibri a livello biologico. Sono le città il luogo della nostra aggressione all’ambiente e ciò impone una loro riprogettazione radicalmente modificata”.
“Dobbiamo immaginare delle città completamente diverse e in questo il lavoro degli architetti risulta fondamentale”, prosegue Mancuso, ritenendo che sia proprio la divisione marcata tra la città e la natura all’esterno a rappresentare oggi la causa principale di quanto sta accadendo. “Le città dovrebbero essere completamente ricoperte di piante, le piante dovrebbero stare ovunque: la serie di benefici per le persone sarebbe interminabile”.
“La dimensione artistica credo sia una delle potenzialità maggiori per comunicare e diffondere l’idea di portare la natura negli edifici”: con queste parole Stefano Mancuso ha introdotto il lavoro artistico di Edoardo Tresoldi, autore dell’istallazione “Hora”, all’interno del progetto al Parco XXII Aprile di Modena.
Tresoldi spiega nel suo intervento come per lui sia “importante stabilire una relazione affettiva con le cose, come sia necessario riallenare una sensibilità con le cose e con il posto in cui viviamo”. Interessato alla fenomenologia, intende costruire attraverso un’esperienza artistica sentimentale dove all’essere umano sia impedito di agire e intervenire nello spazio. L’idea è dunque quella che la natura faccia il suo corso all’interno dell’opera dell’uomo. Purtroppo questo è l’opposto di quello che normalmente facciamo.
Invita Tresoldi a” provare a rivedere le cose, ridefinire le relazioni e…vedere cosa succede”.
In collegamento, conclude l’incontro Andrea Sciascia docente di Composizione architettonica e urbana dell’Università di Palermo che, descrivendo il progetto appena realizzato allo Zen di Palermo, ribadisce le potenzialità che hanno questi interventi. “L’importanza non è la grandezza degli interventi, ma la loro possibilità nel cambiare il punto di vista, il vederne la riscrittura: i tre interventi del 2020 del Progetto G124 accennano a questa possibilità”.