Presentata dalla Cgil di Modena la 12° edizione dell’Osservatorio Economia e Lavoro



È stata presentata stamattina la 12° edizione dell’Osservatorio Economia e Lavoro (OEL) in provincia di Modena elaborato da Ires Emilia Romagna per conto della Cgil di Modena che evidenzia, tra l’altro, sui settori produttivi un rallentamento della crescita già nel 2019, un tasso di disoccupazione nel 2019 in aumento al 6,5% (con un tasso di disoccupazione giovanile al 18,8%) e un tasso pari a 11,4% di mancata partecipazione al mercato del lavoro se ai disoccupati rilevati dall’Istat si sommano gli inattivi/scoraggiati; aumenta il numero di donne occupate (+3,4%). Si conferma l’invecchiamento della popolazione modenese e il rafforzamento del fenomeno della denatalità: a livello provinciale, i bambini nati nel 2019 sono oltre il 29% in meno di quelli del 2008 (pre-crisi).

Nell’Osservatorio è presente anche un focus sui primi mesi del 2020, anno per il quale si stima  una marcata flessione della crescita economica per la provincia di Modena (–10,3%). Si registra una drastica riduzione degli avviamenti al lavoro rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (marzo –38,8% e aprile –65,0%). Ciò fa sì che tra marzo e maggio 2020 a livello provinciale siano state perse quasi 3.700 posizioni di lavoro dipendente. Il picco del ricorso alla cassa integrazione guadagni si è registrato nel mese di aprile 2020, con oltre 17milioni e 700mila ore complessivamente autorizzate (tra gennaio ed ottobre sono più di 53 milioni), corrispondenti a oltre 111mila lavoratori equivalenti a zero ore.

Per quanto riguarda infine il dato sulla mortalità, tra marzo e giugno si registra a livello provinciale un incremento dei decessi del 22% rispetto a quelli abitualmente registrati negli anni precedenti.

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Osservatorio sull’economia e il lavoro in provincia di Modena – Numero 12

 – Sintesi –

L’Osservatorio sull’economia e il lavoro in provincia di Modena – curato da Ires Emilia-Romagna per conto della Camera del Lavoro di Modena – annualmente fornisce un quadro aggiornato e il più possibile esaustivo sull’andamento dei principali indicatori economici e delle dinamiche occupazionali e demografiche a livello provinciale, con confronti in serie storica con i dati regionali e nazionali. Questa dodicesima edizione dell’Osservatorio viene pubblicata in un momento di particolare difficoltà e incertezza, una situazione probabilmente senza precedenti, sia per la straordinarietà e l’imprevedibilità della causa, sia per estensione e rapidità dell’aggravamento. Infatti, nessun paese al mondo può ormai considerarsi salvo dalla pandemia da Covid-19.

Il particolare momento che l’Italia e gli altri paesi del mondo stanno vivendo dalla primavera 2020 rende cruciale un’analisi accurata delle dinamiche economiche, occupazionali, socio-demografiche. Peraltro, è altamente prevedibile che la pandemia abbia prodotto e stia producendo impatti piuttosto diversificati sui diversi strati della società, che finiranno con il rendere ancora più saliente il divario tra le diverse fasce e categorie della popolazione, per età, per genere, cittadinanza, tipo di lavoro, forma contrattuale, ecc.

Si tratta di una situazione purtroppo ancora in essere, dagli sviluppi non facili da prevedere e i cui impatti saranno davvero consistenti su qualsiasi aspetto della vita delle persone, dalla salute, al lavoro, dal tempo libero ai consumi. Partendo da questo quadro, incerto e di enormi difficoltà, l’Osservatorio cerca di offrire un quadro il più possibile aggiornato sulle diverse dimensioni socio-economiche di interesse, facendo riferimento a una pluralità di fonti dati (Istat, Inps, Siler, e via dicendo).

Lo scenario macro-economico, dopo la fase di accelerazione del triennio 2016-2018, evidenziava nel 2019 un rallentamento della crescita a livello provinciale, regionale e nazionale, probabilmente legato frenata della crescita economica mondiale ed europea, con un aumento, sì, del valore aggiunto, ma appena dello 0,4% a livello sia provinciale che regionale (0,3% per l’Italia nel suo insieme). Per il 2020 si prevede una assai marcata flessione sia per la provincia di Modena (–10,3%) che per la regione Emilia-Romagna (–10,0%). Secondo le stesse stime Prometeia, dovrebbe poi seguire nel 2021 un parziale recupero (+8,1% per la provincia di Modena, superiore al +7,1% stimato per la regione).

Per l’industria in senso stretto si osserva il medesimo andamento, con i tre indicatori di ordinativi, produzione, fatturato che dal primo trimestre 2019 assumono segno negativo e seppur arrivino nuovamente in territorio positivo alla fine dell’anno (tranne gli ordinativi), con il 2020 mostrano chiaramente gli effetti della pandemia e del lockdown, virando decisamente verso il basso, con il decremento che si accentua ulteriormente nel secondo trimestre, in linea con quanto si registra anche a livello regionale e nazionale

Anche il settore delle costruzioni nel 2020 dovrebbe subire una forte contrazione del valore aggiunto (–11,3%), per poi recuperare nel 2021, anche grazie agli incentivi previsti per la messa in sicurezza antisismica degli edifici e per la riqualificazione ambientale degli stessi.

I dati relativi alle vendite del commercio risultano pesantemente in territorio negativo dalla seconda metà del 2016, con una ripresa nel quarto trimestre 2019 (l’andamento delle vendite mostra abitualmente i dati migliori proprio nel quarto trimestre dell’anno), travolta però da quanto si rileva con il primo trimestre del 2020, con il commercio – in particolare quello al dettaglio – che registra una forte contrazione, per effetto del lockdown disposto a partire dalla primavera 2020.

La pandemia mostra poi le sue pervicaci ricadute sul mercato del lavoro provinciale, studiato dall’Osservatorio facendo riferimento a diverse fonti (Istat, Inps, Siler): se fino al 2019 appariva dinamico e per vari aspetti – ad esempio dal punto di vista dell’occupazione e in particolare di quella femminile – in crescita (con una flessione degli inattivi e un aumento degli occupati, in particolare nella componente femminile della forza lavoro), con la primavera 2020 subisce una significativa battuta d’arresto, allo stato attuale ancora parzialmente celata dal blocco dei licenziamenti.

Se si entra più nel dettaglio, si deve innanzitutto evidenziare che nel 2019 nella provincia di Modena il numero di occupati è aumentato di oltre 3.500 unità, con un incremento dell’1,3%, che compensa abbondantemente la flessione dell’anno precedente. La crescita a livello provinciale di quest’anno è in linea con quello del livello regionale (+1,4%), che tuttavia aveva mostrato una certa espansione anche nel biennio precedente. Anche per l’incremento di quest’anno, il numero di occupati a Modena rimane decisamente superiore – di oltre 10mila unità – ai livelli dell’intero periodo 2009-2015 e risulta superiore anche al dato pre-crisi del 2008 (+2,2%, circa 7mila occupati in più).

La crescita dell’occupazione dell’ultimo anno è esclusivamente femminile: nel 2019 rispetto al 2018, il numero di donne occupate è infatti aumentato del 3,4% (oltre 4.700 occupate in più), mentre per gli uomini si registra un decremento di 1.265 unità (–0,7%), che compensa quanto osservato nel biennio precedente. Se anche si considera l’ultimo triennio 2017-2019, si evidenzia che l’aumento del numero di occupati è determinato principalmente dalle donne.

Considerevoli differenze si riscontrano anche distinguendo fra lavoratori dipendenti e indipendenti. Sia che si consideri l’ultimo anno o il triennio 2017-2019 o il confronto rispetto al 2008, si osservano dinamiche pressoché divaricate, con i lavoratori dipendenti aumentati di numero e quelli autonomi in forte diminuzione. Basti dire che il raffronto rispetto al 2008 mostra una crescita del numero di lavoratori dipendenti del 13,6% e una parallela flessione dei lavoratori indipendenti del 28,3%, oltre un quarto dei casi.

Le dinamiche illustrate si riflettono naturalmente sull’andamento del tasso di occupazione (rapporto percentuale fra gli occupati e la popolazione di 15-64 anni di età), che risulta in miglioramento a livello provinciale, passando dal 69,0% del 2018 al 69,8% del 2019. Per l’Emilia-Romagna il tasso passa dal 69,6% al 70,4%. Il tasso provinciale rimane quindi di poco inferiore a quello medio regionale, ma risulta essere nel 2019 su livelli che non si raggiungevano dal 2008.

Parallelamente, nel 2019 nella provincia di Modena si assiste anche a un incremento della disoccupazione, che si traduce in un peggioramento del relativo tasso di disoccupazione, che passa dal 6,0% del 2018 al 6,5% del 2019, mentre il tasso emiliano-romagnolo scende dal 5,9% al 5,5%. Se per l’Emilia-Romagna si è osservata una riduzione del tasso di disoccupazione continuativa dal 2013 al 2019, per la provincia di Modena l’andamento è stato più altalenante. Esso rimane comunque decisamente più elevato dei livelli del periodo precedente al 2008, quando non aveva mai superato il 4%.

Va infine aggiunto che il tasso provinciale è leggermente più critico – cioè più elevato – di quello regionale solo per la componente femminile (7,5% contro 6,6%) sia per quella maschile (5,7% contro il 4,6% medio regionale).

Il peggioramento nel 2019 della disoccupazione provinciale si ritrova anche nel tasso di disoccupazione giovanile: per la fascia 15-24 anni esso passa dal 14,2% del 2018 al 18,8% (mentre quello regionale aumenta di neanche un punto percentuale); per la fascia 25-34 anni peggiora dal 7,9% al 10,5% (in Emilia-Romagna dall’8,2% all’8,8%).

Nell’ultimo anno, nella provincia di Modena, in linea con quanto si registra anche a livello emiliano-romagnolo, è diminuito di quasi 5mila unità (–4,2%) il numero degli inattivi di 15-64 anni. Questo dato compensa interamente il significativo incremento (+3,7%) che si era registrato fra il 2017 e il 2018.

Per la provincia di Modena, dunque, nell’ultimo anno si assiste a un aumento degli occupati (per circa 4mila unità) ma anche a un incremento dei disoccupati (+1.878), in parte sicuramente anche per effetto dall’uscita dallo stato di inattività di circa 4.900 persone.

Resta comunque presente una quota di popolazione in età lavorativa scoraggiata (persone in età lavorativa che, pur privi di un’occupazione, non sono alla ricerca attiva di un lavoro ma che sarebbero disposti a lavorare). Se ai disoccupati ufficiali rilevati dall’Istat si aggiungono questi cosiddetti scoraggiati, si ottiene il cosiddetto tasso di mancata partecipazione, che risulta a Modena pari all’11,1%, superiore al 9,7% regionale.

Per un aggiornamento sui primi due trimestri del 2020, si è fatto riferimento ai dati di origine amministrativa del Siler relativi a tutti i movimenti di assunzione, proroga, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro.

L’analisi delle attivazioni (avviamenti di rapporti di lavoro), delle cessazioni (licenziamenti) e dei relativi saldi mostrano come il 2019 si fosse chiuso nella provincia di Modena con un segno positivo, così come i primi due mesi del 2020, precedenti all’esplosione della pandemia. Lo scenario muta completamente con il mese di marzo 2020: si assiste a una drastica riduzione degli avviamenti, meno di 7mila a fronte dei quasi 10.600 del mese di febbraio 2020 (–34,0%) e dei quasi 11mila di marzo 2019 (–38,8%). La tendenza oltretutto risulta rafforzata nel mese di aprile, quando gli avviamenti scendono sotto i 4.500 (–65,0% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e –36,1% rispetto al mese precedente), con un saldo attivazioni-cessazioni pari a –1.810.

Anche le corrispondenti cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente hanno mostrato a partire da marzo 2020 una variazione tendenziale negativa anomala e particolarmente marcata, seppure più contenuta rispetto a quella delle assunzioni, essenzialmente in virtù della sospensione dei licenziamenti (difatti le cessazioni riguardano in gran parte contratti a termine giunti a scadenza e non rinnovati).

Ciò fa sì che tra marzo e maggio 2020 a livello provinciale siano state perse quasi 3.700 posizioni di lavoro dipendente.

Questa perdita di posizioni di lavoro dipendenti è concentrata principalmente nel settore del commercio, alberghi e ristoranti (–1.306 unità), nelle altre attività dei servizi (–1.097 unità) e nell’industria in senso stretto, con circa 4.100 attivazioni fra marzo e maggio 2020 e oltre 5.340 cessazioni, con un conseguente saldo negativo di 1.227 unità.

Risultano poi specificamente penalizzate le fasce più giovani della forza lavoro, in particolare quella di 15-24 anni.

Danno idea dell’impatto della pandemia anche i dati relative alle ore di cassa integrazione guadagni autorizzate. Basti dire che nella provincia di Modena in tutto l’anno 2019 si è arrivati a circa 5,1 milioni di ore complessivamente autorizzate e che nei soli due mesi di aprile e maggio 2020 si sono superate 28,5 milioni di ore autorizzate. Nella prima fase della crisi pandemica si è osservato uno straordinario incremento del ricorso alla cassa integrazione ordinaria, principalmente nel settore industriale, mentre da maggio si osserva una notevole avanzata di quella in deroga, seppur anche nei mesi successivi continui a prevalere il ricorso a quella ordinaria.

Il picco del ricorso alla cassa integrazione guadagni si è registrato nel mese di aprile 2020, con oltre 17milioni e 700mila ore complessivamente autorizzate (per oltre il 96% di cassa ordinaria), corrispondenti a oltre 111mila lavoratori equivalenti a zero ore.

L’Osservatorio dedica quest’anno particolare attenzione alle dinamiche demografiche, che consentono di osservare come nei mesi corrispondenti alla cosiddetta prima ondata della pandemia da Covid-19 (marzo-giugno 2020) si sia registrato un incremento dei decessi rispetto a quelli abitualmente registrati negli anni precedenti del 22% a livello provinciale, con picchi assai superiori per varie realtà comunali modenesi (in Emilia-Romagna l’incremento è stato superiore al 33%).

Se si guarda poi alle tendenze socio-demografiche di medio periodo, si può evidenziare che la popolazione residente nella provincia, arrivata al 1° gennaio 2020 a contare 708.346 cittadini, continua ad aumentare, ma, come anche a livello regionale, con ritmi meno marcati di quelli degli anni passati, per effetto di un rallentamento dei flussi migratori stranieri, con i cittadini stranieri residenti che aumentano di numero principalmente per i saldi naturali (essenzialmente per le nascite), mentre per gli italiani il saldo naturale è altamente negativo, compensato da flussi migratori, in particolare da altre regioni, che si mantengono consistenti, a confermare la notevole attrattività del territorio provinciale e regionale, grazie soprattutto a un mercato del lavoro e un tessuto economico-sociale dinamico.

Un primo fenomeno sicuramente da tenere ben monitorato è l’invecchiamento della popolazione, che prosegue da decenni, con i cosiddetti grandi anziani che costituiscono il 12% della popolazione provinciale (nel 2000 erano il 9,3% e fino al 1995 non si era mai raggiunto l’8%). Un secondo fenomeno è, strettamente legato, quello della denatalità (a livello provinciale, i bambini nati nel 2019 sono oltre il 29% in meno di quelli del 2008), in parte mitigato dalle nascite di bambini stranieri, di cui si dirà tra breve.

Si ricorda al riguardo che la componente straniera della popolazione al 1° gennaio 2020 in provincia di Modena è costituita da 95.884 cittadini residenti, pari al 13,5% della popolazione residente totale (dato più elevato del 12,5% regionale e dell’8,8% nazionale), con valori più elevati in particolare nel comune capoluogo (15,6%) e nel distretto di Vignola (15,3%).

Gli stranieri residenti nella provincia di Modena, in prevalenza donne, presentano un’età media di 34,2 anni, decisamente inferiore a quella dei residenti italiani di oltre 46 anni.

A proposito di età, i minori stranieri residenti nella provincia di Modena al 1° gennaio 2020 sono oltre 21.800 e costituiscono il 22,8% del totale degli stranieri residenti nella provincia.

Una parte di questi minori è costituita da bambini stranieri nati in Italia. Nel 2019 sono nati in provincia di Modena 1.417 bambini stranieri (di cui quasi un terzo nel comune capoluogo), pari al 27,9% del totale dei nati nella provincia, più di uno su quattro (nel comune di Modena 29,3%); si consideri che il dato regionale è pari al 25,0% e quello nazionale al 15,0%.

La comunità più numerosa è quella del Marocco – mentre a livello regionale e nazionale prevale quella rumena, nella provincia al secondo posto, seguita da Albania e Cina.