Si intitola “Riflettori accesi sulle sale spente” la nuova iniziativa sui social media ideata dai Musei civici di Modena per mantenere viva la relazione col pubblico anche in un momento in cui la pandemia ha richiuso i luoghi della Cultura. Porte chiuse e luci spente è il punto di partenza. L’idea è quella allora di accendere un faro ogni volta su un oggetto esposto diverso, fotografarlo, e quindi “postarlo” su Facebook e Instagram con una scheda di presentazione. Un modo per accendere la curiosità dei “visitatori digitali da casa” su oggetti insoliti delle raccolte, su opere o reperti solitamente poco evidenziati.
Una scelta in continuità con le visite guidate svolte prima della chiusura “Tra cose strane e bizzarre” nelle sale del museo. E collegata, inoltre, con l’installazione dell’artista Alice Padovani realizzata per festival filosofia, con la quale, avvicinandosi ai 150 anni dalla fondazione nel 2021, il Museo rifletteva sulle sue origini, rievocando la natura positivista e classificatoria che ne rappresenta l’impronta iniziale.
Il museo ha deciso così di illuminare particolari delle collezioni di arte, artigianato, archeologia e etnologia, fotografando gli oggetti al buio con una singola fonte di luce per un effetto “occhio di bue”. Un’occasione per spostare lo sguardo verso ciò che è meno noto conoscendo meglio gli oggetti via via “accesi”, con descrizioni che raccontano la storia e la natura dell’opera con un pizzico di umorismo. Come per, ad esempio, l’igrometro ottocentesco delle raccolte di strumenti scientifici, composto di una tavoletta in legno su cui è fissata la sagoma stampata di una monaca il cui braccio mobile si sposta ad indicare il bello o il brutto tempo, grazie al collegamento ad un budello contenuto in un tubicino che si dilata o restringe a seconda dell’umidità.
Curioso è anche il diploma di laurea ottenuto nel 1753 da un modenese. Rilegato, trascritto a mano su carta e firmato dal notaio Joseph Cajetanus Benzi, con un grande sigillo in ceralacca posto ad autenticazione: l’autorevole sigillo della Comunità di Modena, realizzato nel 1484 e raffigurante San Geminiano a cavallo nell’atto di benedire la Comunità, immagine tuttora nello stemma dell’università Unimore. E, ancora, minuscoli flauti seicenteschi, uno straordinario accendino in vetro, il leprotto graffito su una scodella del Cinquecento, ma anche reperti archeologici con raffigurazioni di divinità e animali, e antichi tessuti della collezione Gandini.
Fino alla fine di novembre, sui profili Facebook e Instagram (@museicivicimodena) le sale si riaccendono ogni mercoledì e venerdì, per il tempo di un racconto.
Informazioni online (www.museicivici.modena.it).