L’Unione dell’Appennino mette in sicurezza i conti



Il Consiglio dell’Unione dell’Appennino ha approvato nella riunione del 21 settembre il rendiconto della gestione per l’esercizio 2019 dell’Unione e quello dell’Istituzione dei servizi sociali educativi e culturali. Non si tratta però di un banale adempimento burocratico, perché nel farlo gli amministratori hanno previsto di accantonare oltre due milioni di euro per coprire eventuali disavanzi che dovessero emergere.

La decisione nasce dalle difficoltà riscontrate negli ultimi anni tra la riconciliazione dei conti tra Unione, Istituzione e Comuni partecipanti, con ritardi negli incassi da parte dell’Unione che si ripercuotevano sulla liquidità dell’ente e sui tempi di pagamento dei fornitori. Da qui l’avvio di un lavoro di analisi dei vari bilanci per verificare la discordanze e intervenire per garantire la reciprocità di incassi e pagamenti. Questa analisi, ancora in corso, ha portato alla decisione, da una parte, di individuare una nuova metodologia che risolvesse il problema del disallineamento dei dati, dall’altra di accantonare – già dalla fine del 2019 – somme ingenti in via cautelativa, pari a circa 2 milioni e 800 mila euro, che serviranno a coprire un eventuale disavanzo.

Si tratta di una somma piuttosto prudenziale accantonata sul Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità, un fondo previsto dalla Stato a partire dal 2011 per quegli enti che rischiano di trovarsi ad incassare meno del previsto. Molti dei problemi finanziari degli enti locali, in questi anni, più che essere legati a eventuali spese eccessive, sono dovuti a mancati incassi (situazione aggravata dalla crisi recente, con un numero crescente di servizi fruiti che i cittadini non riescono a ripagare). Secondo i sindaci con ogni probabilità l’eventuale disavanzo sarà inferiore alla cifra accantonata, che comunque inciderà inevitabilmente sui bilanci futuri degli enti.

«Unione e istituzione sono enti che non dispongono di entrate proprie – spiega il presidente dell’Istituzione Giuseppe Argentieri – per cui è inevitabile che risentano pesantemente di eventuali ritardi nei trasferimenti da parte dei Comuni. Da un punto di vista tecnico abbiamo posto le basi perché in futuro non ci siano ulteriori discordanze. Da un punto di vista politico però abbiamo ritenuto giusto cautelarci in attesa di verificare tutti i conti del passato e le pendenze a carico degli eventuali debitori».

«Questa situazione arriva da lontano, con la recente mancanza di incassi dovuti al coronavirus si è ulteriormente aggravata: per mantenere il livello di servizi è necessario uno sforzo di responsabilità» dichiara il presidente del Comitato di Distretto Alessandro Santoni, aggiungendo che per il futuro ritardi e disallineamenti non potranno essere più tollerati. «Si consideri, per comprendere quanto difficoltoso possa essere il lavoro di raccordo tra 12 enti, che l’indice di complessità riconosciuto dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del Programma di Riordino Territoriale all’Unione dei Comuni dell’Appennino Bolognese, definito sulla base dei profili territoriali, di governance e di sviluppo dei servizi territoriali è pari al massimo (20 su 20)».

«Credo sia importante sottolineare che questa decisione è il risultato di un percorso a volte faticoso che ha impegnato gli amministratori, i tecnici dell’Unione e quelli dei Comuni» commenta il presidente dell’Unione Maurizio Fabbri. «Siamo però giunti ad una decisione pienamente condivisa da tutti i sindaci, che ci dà l’occasione di guardare al futuro con più serenità, con una metodologia condivisa tra i responsabili finanziari che faciliterà molti passaggi. Non abbiamo però intenzione di rilassarci: continueremo infatti a investire sui servizi che si sono rivelati efficaci ed efficienti e se necessario a ripensare quelli che ci convincono meno».