Confimi Impresa: il recupero dell’Iva nei mancati pagamenti, la Corte di Giustizia europea la pensa come noi



    Confimi Impresa ha elaborato una soluzione “innovativa” che potrebbe contribuire, a rimettere in moto il virtuosismo nei pagamenti estendendo la possibilità di recupero dell’Iva in tutti i casi di mancato rispetto dei termini di pagamento. La Corte di Giustizia europea dà ragione a quanto sostiene Confimi Impresa in materia di recupero dell’Iva nei mancati pagamenti. “Ora dipende solo dal legislatore nazionale”, commenta il Presidente Paolo Agnelli, Presidente di Confimi Impresa, che legge con favore gli insegnamenti impartiti al fisco ungherese dai giudici europei.

    La recente sentenzadel 15 maggio, infatti, conferma la possibilità di ridurre la base imponibile (e conseguentemente di recuperare l’Iva) anche nelle ipotesi di mancato pagamento del corrispettivo in casi diversi dalla risoluzione, annullamento, o recesso. E’ altresì confermato, tuttavia, che tale possibilità è a discrezione degli Stati e la norma Italiana, com’è noto, ammette il recupero solo nel caso di esito negativo di procedure esecutive o concorsuali infruttuose. Si tratta di procedure eccessivamente lunghe e difficoltose che mettono in notevole crisi finanziaria le imprese che, prosegue Agnelli, “continuano a morire per i propri crediti, quelli non riscossi”.

    E’ per questo che Confimi Impresa, ha elaborato una soluzione “innovativa” che potrebbe contribuire, almeno nel Business to Business, a rimettere in moto il virtuosismo nei pagamenti estendendo la possibilità di recupero dell’Iva in tutti i casi di mancato rispetto dei termini di pagamento (ben oltre quindi i citati casi  limite).

    L’idea, presentata lo scorso aprile al Tavolo delle semplificazioni dell’Agenzia delle entrate, vede il possibile coinvolgimento dell’Amministrazione finanziaria nella procedura di variazione Iva.

    L’Agenzia, a cui verrebbe inoltrata telematicamente la nota di accredito, fornirebbe da garante anti abuso fornendo un utile servizio al creditore.

    La procedura attivabile facoltativamente dal fornitore/creditore fungerebbe, infatti, da deterrente per il rispetto dei termini di pagamento poiché in caso contrario il cliente moroso si troverebbe a dover riversare all’Erario quanto già detratto con la possibilità di subire controlli mirati da parte dei verificatori.

    Il meccanismo, ancorché indirettamente, risulta avvallato dai giudici europei laddove precisano come la direttiva fornisca agli Stati margini di discrezionalità nell’individuare le modalità da fissare per consentire, in tal casi, la riduzione della base imponibile.

    Una soluzione di questo tipo “ci riporterebbe al virtuosismo di 40 anni fa – quando è nata l’Iva – quando cioè il pagamento vista fattura dell’imposta era la regola universalmente praticata, fermo restando”, conclude Agnelli, “che la soluzione principe contro la piaga dei ritardi nei pagamenti – soprattutto per evitare gli abusi di forza contrattale che generalmente vengono subiti dalle PMI – non può che derivare dalla sottrazione dei termini di pagamento alla libera contrattazione delle parti, come hanno fatto altri Paesi europei”.