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Ligabue (Licom): “Bene cedolare secca per affitti dei negozi, ma la norma deve cambiare”

“Sulla cedolare secca per i negozi è necessario ampliare l’ambito di applicazione ai contratti esistenti per dargli reale efficacia. Ora come ora sicuramente non possiamo che apprezzare il gigantesco passo avanti nell’introdurre il regime della tassazione separata anche alle locazioni commerciali, ma così come è scritta la norma ha un’efficacia estremamente limitata, oltre a comportare nei fatti un’insensata discriminazione tra le locazioni nuove rispetto a quelle esistenti, e tra imprese del commercio e dei servizi.”

Cinzia Ligabue, presidente Licom (i commercianti aderenti a Lapam Confartigianato) è molto esplicita e punta l’attenzione sulla cedolare secca per gli affitti delle attività di vicinato. “La cedolare secca rappresenta sicuramente una possibilità interessante per proprietari e locatori, e anche per gli imprenditori che affittano i propri negozi si può avere da subito un beneficio fiscale dato dall’esenzione dell’imposta di registro e dal blocco degli aumenti annui agganciati ai tassi di inflazione certificati dall’Istat.”

Ma c’è un ma secondo Licom. Rappresentato dagli ostacoli disseminati lungo la norma che, da un lato, introduce l’imposta sostitutiva e, dall’altro, ne limita parecchio l’ambito di applicazione. La cedolare secca sull’affitto dei negozi è infatti riservata ai soli nuovi contratti stipulati nel 2019 escludendo esplicitamente gli affitti già in corso al 15 ottobre dell’anno scorso, tra le stesse parti per lo stesso immobile, e poi risolti in anticipo. Un’esclusione apparentemente insensata, se si pensa che nelle locazioni degli immobili residenziali la scelta del regime di tassazione cedolare può essere espressa o revocata di anno in anno, e non si capisce perché tale facoltà non possa essere applicata anche alle locazioni commerciali. E ancora: la cedolare si applica ai soli immobili accatastati nella categoria C/1 adibiti a negozi, escludendo importanti categorie di esercizi di vicinato e dei servizi, come ad esempio la categoria A/10 degli uffici o gli studi privati dei libero professionisti, così come tutto il gruppo D, che ricomprende i laboratori artigiani (categoria D/1), gli alberghi (categoria D/2) o gli edifici per attività sportive con scopo di lucro (D/6).

“Quello che chiediamo è semplicemente di applicare il regime cedolare esattamente come nel comparto residenziale, niente di più, niente di meno, senza escludere chi ha già dei rapporti di locazione in corso e senza discriminare chi ha un’attività di servizio rispetto a chi ha un’attività di commercio. Un’estensione di questo tipo, essendo un importante riduzione del carico fiscale, potrebbe avrebbe importanti ricadute nel medio periodo anche sul contenimento del caro affitti, uno dei veri punti critici del commercio nei centri storici”.

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