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Autonomia regionale: incontro a Bologna

“L’Emilia-Romagna ha avanzato una sua proposta per ottenere maggiore autonomia, nel pieno rispetto della Costituzione, dell’unità nazionale – principio per noi sacro e inviolabile – e della solidarietà fra territori. Una proposta condivisa fin dall’inizio con le forze sociali, sindacati e imprese, i territori, le università e le associazioni del Terzo settore, tutti soggetti riuniti nel Patto per il Lavoro, e discussa a ogni passo in Assemblea legislativa, dove mai c’è stato un voto contrario da parte delle forze politiche, con anzi correzioni accolte e presentate dalle opposizioni. Una proposta che premia una Regione virtuosa e con i conti in ordine, che vuole continuare a crescere facendo crescere il Paese, non certo spaccarlo”.

Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, chiude a Bologna il seminario dedicato alla proposta dell’Emilia-Romagna sul regionalismo differenziato in vista della possibile intesa con il Governo. Un incontro, organizzato dalla stessa Regione, occasione di confronto con la società emiliano-romagnola: istituzioni e amministratori locali, i rappresentanti dei lavoratori e delle categorie economiche, il mondo accademico. Convegno al quale, all’ultimo, non ha potuto partecipare la ministra per gli Affari regionali, Erika Stefani, per ragioni di salute.

“Chi nelle ultime settimane si è lanciato in una campagna che, quella sì, punta a dividere le cosiddette Regioni ricche da quelle povere, ho l’impressione che la proposta dell’Emilia-Romagna non l’abbia nemmeno mai letta. Se lo facesse- sottolinea Bonaccini- scoprirebbe che noi chiediamo 15 delle 23 competenze possibili, che mai abbiamo aperto il capitolo del residuo fiscale e che non chiediamo un euro in più allo Stato, sottraendo fondi al bilancio nazionale, magari a danno di altri territori. Chiediamo, invece, risorse certe per fare una programmazione seria. Come? Potendo gestire direttamente qui le risorse già ora spese dallo Stato per le competenze che proponiamo ci vengano trasferite, convinti di poterlo fare meglio, per rendere più efficienti i nostri servizi e più rapide le risposte della pubblica amministrazione ai cittadini e alle imprese, potenziando il welfare e la sanità regionali e per poter aiutare chiunque abbia davvero bisogno. Mi piacerebbe vedere tutti impegnati in questo sforzo, che è anche lo sforzo per tagliare sprechi e inefficienze, e siamo convinti che il nostro sia un percorso che altre Regioni, del Sud, del Centro e del Nord, possano avviare. Non a caso, tante hanno iniziato a farlo. Chi banalizza la proposta di un intero territorio dovrebbe, appunto, approfondirne prima i contenuti. Prendiamo la scuola: l’Emilia-Romagna non vuole un sistema scolastico regionale, assumendo gli insegnanti e imponendo suoi programmi; per noi il sistema scolastico nazionale non si tocca, noi vogliamo invece gestire la programmazione degli organici e degli investimenti, potendo formare i tecnici specializzati che il nostro sistema produttivo non trova e cerca altrove. Lo stesso con i medici: ne servono di più, siamo nelle condizioni di formarne un numero maggiore e vorremmo poterlo fare. Questa è la proposta dell’Emilia-Romagna: la si giudichi come tale, altrimenti non si capisce perché una regione che vuole fare meglio debba essere penalizzata”.

Ora si guarda alla possibile intesa con il Governo: “Rivendico il percorso comune fatto con Lombardia e Veneto, che, ribadisco, sono convinto debba essere portato fino in fondo insieme, ma a un percorso comune corrispondono progetti che ognuno ha pensato per sé. L’Emilia-Romagna ha presentato il suo: spetta ora all’esecutivo formulare una proposta di intesa che, a giorni, il presidente del Consiglio, Conte, dovrebbe illustrarci. Ci aspettiamo risposte chiare rispetto al confronto in sede tecnica e ministeriale avviato a luglio, risposte che non saranno tanto al sottoscritto, bensì agli emiliano-romagnoli. Ma fin d’ora- chiude il presidente della Regione- ci tengo a ringraziare la ministra Stefani per la disponibilità dimostrata fin da subito: credo si stia cercando di fare un buon lavoro insieme, ora, però, tocca al Governo chiudere il cerchio”.

Il regionalismo differenziato nella Costituzione

L’articolo 116 della Costituzione, al terzo comma prevede l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori “forme e condizioni particolari di autonomia” attraverso una legge dello Stato approvata a maggioranza assoluta, sulla base di un’intesa fra il Governo e la Regione interessata. Nell’ottobre 2017, la Regione Emilia-Romagna, dopo aver definito il proprio progetto di maggiore autonomia insieme a tutte le parti sociali riunite nel Patto per il Lavoro e averlo sottoposto all’Assemblea legislativa regionale, che voto il mandato al presidente Bonaccini, fu la prima Regione a firmare con l’Esecutivo nazionale la Dichiarazione d’intenti per l’avvio del confronto, cui segui dopo poche settimane l’avvio del Tavolo paritetico col Governo insieme anche a Lombardia e Veneto. Percorso che il 28 febbraio 2018 portò le tre Regioni a siglare uno storico Accordo preliminare con l’allora Governo in carica, e poi ad avviare il negoziato con l’attuale.

Il via libera dell’Assemblea legislativa

Lo scorso 18 settembre, l’Assemblea legislativa ha approvato di fatto il progetto definitivo votando una  risoluzione per la maggiore autonomia – con la richiesta della Regione di poter acquisire la gestione diretta di 15 competenze in aree strategiche come politiche per il lavoro; internazionalizzazione delle imprese, ricerca e innovazione; istruzione; sanità; tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; relazioni internazionali e rapporti con la Ue –, impegnando il presidente Bonaccini a proseguire il confronto con il Governo, aggiornando il parlamento regionale trasmettendogli lo schema d’Intesa prima della sua formale sottoscrizione. Nessun voto contrario, con il sì della maggioranza – Pd, Si e Misto-Mdp – e l’astensione delle opposizioni: Lega, M5s, Fi, Fdi, Mns, AltraER.

Copertura finanziaria

A copertura delle competenze richieste, la Regione Emilia-Romagna ha proposto la propria compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al suo territorio, da definire in sede di negoziato con il Governo sulla base del costo delle funzioni che chiede le vengano trasferite. Non intende quindi aumentare la spesa pubblica complessiva. Ha puntato a massimizzare le opportunità di investimento sul territorio regionale rispetto a risorse già presenti, senza oneri aggiuntivi sul bilancio regionale e riducendo l’overshooting, ovvero il non utilizzo di risorse destinate agli investimenti stessi.

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