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Analisi bancari Cisl ER: “Le banche puntano al profitto e sacrificano i lavoratori”

“In sette anni di crisi l’Emilia-Romagna ha perso 355 sportelli (-20%), passando dai 1739 del 2010 ai 1384 del 2017. Una scelta frutto di politiche bancarie sbagliate che hanno sovente adottato la via facile del taglio dei costi, penalizzando i lavoratori con licenziamenti, trasferimento o prepensionamenti ‘forzosi’, anziché la vicinanza al tessuto economico e sociale locale.  Così si è preferita la vendita frettolosa degli Npl a una gestione paziente dei crediti problematici che avrebbe permesso a molte imprese di risalire la china e creare nuova occupazione”. E’ questo il commento della segretaria generale di First Cisl Emilia-Romagna, Sabrina Nanni, all’analisi delle dinamiche del sistema bancario regionale nei distretti produttivi realizzata dall’ufficio studi nazionale del sindacato.

“Non di rado – continua Sabrina Nanni – i territori più colpiti da una riduzione sconsiderata degli sportelli sono proprio quelli montani o in difficoltà economica: area Novafeltria (-44%), area Copparo (-32%), Forlì (-28%) o Gaggio Montano (-24%). Numeri che testimoniano una politica bancaria con un’affannosa ricerca del profitto subito, ma totalmente priva di programmazione, visione sociale e cultura del lavoro e in evidente contraddizione con la stessa legge che, alla stregua ad esempio degli uffici postali, descrive le banche come servizi pubblici essenziali”.

Tesi, quelle della leader dei bancari della Cisl Emilia-Romagna, ampiamente supportate dai dati elaborati dall’ufficio studi nazionale della categoria.

Difatti, nonostante nei sette anni considerati i depositi nelle banche del territorio regionale siano aumentati del 40%, i prestiti sono calati dell’8%, con riduzione dei finanziamenti drammatica in territori chiave per il sistema economico e sociale regionale. E’ il caso ad esempio di Gaggio Montano, dove il settore della fabbricazione delle macchine ha perso il 36%, del comparto pelle e cuoio di Cesenatico, con una riduzione dei prestiti del 30% o dell’agroalimentare dell’area di Santa Sofia, con un -29%. Numeri problematici che a livello generale vanno a ridimensionarsi solo perché, “con il sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012, fortunatamente i prestiti alle aziende delle zone modenesi e reggiane sono stati più generosi”.

“Ora – conclude la sindacalista – è giunto il momento di invertire una rotta palesemente sbagliata. E’ giunto il momento che le banche tornino a fare le banche, a fare sistema, focalizzando l’attenzione  sulle prospettive di crescita futura, sull’occupazione e sui bisogni reali dell’economia emiliano-romagnola. In una fase economica come quella che stiamo vivendo, perpetuare l’errore e non concedere prestiti equivarrebbe a  porre un ulteriore freno alla già fragile ripresa del sistema delle piccole e medie imprese”.

 

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